Di: Rebecca Marchegiani
“non bisogna cercare di vendere un solo prodotto a quanti più consumatori possibili, ma quanti più prodotti diversi a un solo consumatore, in un arco di tempo prolungato.”
Rogers Peppers – 1993
Tutti i più grandi imprenditori sanno che il passo migliore per raggiungere il successo è quello di entrare in più settori di mercato, e prima che fossimo bloccati da un’epidemia mondiale, di esempi di questa strategia di marketing ne abbiamo avuti molti.
Cosa si intende più precisamente?
Quando un’impresa che lavora ed è specializzata in un determinato settore, investe operando su vari business diversi, che magari non hanno una correlazione tra loro, per allargare il raggio del brand e avere una diversificazione dei beni che offre, nonché aumentare il proprio profitto.
Volete un esempio che semplifichi il concetto?
Ve ne do più di uno:
Sicuramente il caso più rappresentativo è quello di Giorgio Armani e della sua società:
infatti la Armani S.p.A. è una delle aziende nate per l’abbigliamento, ma che ad oggi si espande in più mercati.

Innanzitutto nel settore abbigliamento si distinguono la linea bimbo, quella uomo e la linea donna, poi, c’è da fare un’altra suddivisione che porta ad un’altra strategia competitiva:
Armani, come sappiamo, ha un brand core, possiamo dire la prima linea, che nasce come Black Label, una di alta moda, Armani privé e due più economiche: Emporio Armani e Armani Jeans.
Di solito infatti, le aziende che occupano i mercati più alti, per non lasciare le fasce di mercato basse vuote, tendono a creare delle linee economiche così da accontentare anche i mercati con più domanda.
Ma la società produce anche accessori, orologi, profumi e nel 2000 hanno persino iniziato la linea di arredamento di lusso e linea dedicata agli allestimenti floreali.
Come ben sappiamo molti brand di lusso hanno poi anche la loro estensione nel mondo del food e in questo caso anche nel mondo del caffè: Armani infatti, decise di affiancare a negozi in tutto il mondo dei coffe shop, sushi bar, discoteche, ma anche ristoranti, hotel e resort.
Lo stilista che durante la quarantena ha iniziato il progetto di un nuovo sistema industriale per la moda mirato al concetto di autenticità e al ristabilire un calendario della moda più snello, pur comunque non essendo molto popolare sui social, durante questo anno ha perso per strada solo il 2% del suo valore, rimanendo comunque uno dei top brand di lusso .
Altre due aziende che seguono questo filone strategico sono : Tiffany & Co. e Louis Vuitton.

“È un posto che mi calma subito, quel silenzio quell’aria solenne, lì non può accaderti niente di brutto”
Tiffany, compagnia americana esperta in gioielleria, la conosciamo per il famoso film tratto dal romanzo del 1958 “Colazione da Tiffany”.

Nasce a Manhattan, e all’epoca vendeva una varietà di prodotti anche di cancelleria, ma l’azienda divenne illustre per essere una gioielleria molto importante.
Inoltre è la casa di uno dei diamanti gialli più grandi mai scoperti, incastonato in una collana la quale ha avuto parte a eventi molto importanti tra i quali l’anno scorso, sul collo di Lady Gaga, gli Oscar.

Nel 2019 oltre ai gioielli e l’argenteria l’azienda inaugura una nuova linea di produzione riguardante il settore dell’arredo casa e degli accessori per animali domestici.



Nello stesso anno sono iniziate le pratiche per l’acquisizione nel gruppo LVMH, durante il Coronavirus però, si vociferava che il contratto non sarebbe stato portato a termine per via del deterioramento del mercato in America, ma anche perché la società di gioielli ha avuto una perdita del 13,4% proprio il 2 giugno a Wall Street, un calo che non si vedeva dal 2015, per poi chiudere con il -8,9%.
Eppure, Bernard Arnault non ha cambiato idea sull’accordo tanto sudato, pur sapendo che ad oggi le azioni di Tiffany valgono 114,24 dollari contro i 135 dello scorso novembre.



Un tavolo da biliardo, un astuccio di colori, un manubrio per fare pesi, tutte cose prodotte da un solo grande brand : Louis Vuitton.

Il grande colosso francese della pelletteria in origine era conosciuto per le sue magnifiche valigie e bauli di ottima qualità e manifattura, inoltre, fu lui a rivoluzionare la chiusura di questi ultimi.
Da quel momento in poi, i bagagli sarebbero diventati veri e propri scrigni per allontanare i ladri, tanto che persino Houdini, sfidato di liberarsi da un baule con la chiusura Louis Vuitton per dimostrarne la veridicità, rifiutò.
Nel 1987 viene quotato in borsa ed entrerà in una joint venture con l’azienda produttrice di champagne “Moët Hennesy” così da dar vita al gruppo abbreviato in LVMH.
Il 1997 è un anno importante per il brand data l’inclusione di una figura importante che ricoprirà il ruolo di direttore artistico nell’azienda fino al 2013: Marc Jacobs, il quale tratterà collaborazioni con grandi nomi come : Murakami, Kanye West e Yayoi Kusama.



Con 300 filiali in tutto il mondo, nel 2003 la metà del fatturato derivava solo dal Giappone.
Nel 2013 si conclude il rapporto con Marc Jacobs, ma chi verrà dopo di lui non sarà di meno: Nicolas Ghesquière, e nel 2018 si aggiunge il designer afro-americano Virgil Abloh, anche CEO del marchio milanese Off-White.
Negli anni la casa di moda di lusso si è fatta spazio anche nell’abbigliamento, nel living, il mondo dell’arredamento, ma anche nel mondo della cartoleria sfruttando la produzione di valigie per vendere anche agende e taccuini da viaggio, e poi giochi e articoli da collezione, rendendolo un brand moderno e diversificato nel mercato odierno.
Ad oggi, nonostante l’epidemia abbia fatto sì che il settore moda fosse classificato come “high impact” con una perdita complessiva superiore al 20%, il brand con un tasso di popolarità sui social molto alto rispetto ad altri marchi, ha un valore pari a 16,481 miliardi di dollari, aumentando del 21,4%, classificato come uno tra i brand più di valore nel mondo insieme a Nike, Gucci e Adidas, e ricopre il secondo post nella lista dei Top 10 CEOs.