Di : Stefano Secci
È di pochi giorni fa la notizia che potrebbe aver mosso irreversibilmente lo scacchiere tecnologico su cui giocano Cina e Stati Uniti, con implicazioni che non si limitano alla creazione di un evidente disagio per gli utenti e giocatori. Il colosso Fortnite, infatti, negli scorsi giorni ha letteralmente iniziato una guerra nei confronti del monopolio Apple e Google, i quali, all’interno dei loro rispettivi app e google store, applicano una tassa del 30% nei confronti delle applicazioni presenti e scaricabili dai loro siti ogni qual volta viene effettuato un acquisto. In qualunque modo la vogliano vendere o rigirare, quello che esercitano è un vero e proprio monopolio che più di un’azienda (Netflix e Spotify per citarne alcune) ha cercato di lamentare e a cui ha cercato di porre fine.
Quello che però stavolta ha fatto Fortnite, probabilmente l’e-game più famoso del mondo al momento, è stato qualcosa che va aldilà della semplice mobilitazione dell’opinione pubblica. All’interno dell’applicazione infatti, è stato fatto un aggiornamento che permettesse di effettuare degli upgrade e acquisti all’interno del gioco, senza però dover accedere ai due store classici, di fatto bypassando la tassa considerata troppo elevata. La reazione di Apple non si è fatta attendere: l’azienda di Tim Cook ha infatti immediatamente bannato l’applicazione dai propri store, impedendo a milioni di dispositivi di poterla scaricare e giocare. A questo punto la risposta di EPIC Games, società creatrice di Fortnite, è stata quella di fare causa a Apple per questo ban, e non per una mera questione economica (EG infatti nel 2020 ha fatturato circa 1.8 miliardi di dollari), bensì per un fine molto più profondo legato al cambiamento di questa egemonia una volta per tutte.
É chiaro che Fortnite stia quindi facendo una guerra in prima linea nell’interesse di tutte quelle app che non hanno la stabilità economica per potersi staccare da Apple e Google e continuare a sopravvivere, e per questo ha ricevuto l’endorsement di diverse compagnie in questa sua battaglia sociale. Una guerra che tra l’altro si è sviluppata anche sul piano comunicativo, attraverso uno spot veramente geniale messo in onda da Fortnite contro il monopolio Apple, che ricalca pedissequamente quello che l’allora compagnia di Steve Jobs fece nei confronti del monopolio Microsoft.
Qui sotto i link dei due spot:
Proviamo però a porci dall’altra parte della medaglia: proviamo a capire lo scenario dalla prospettiva di Google e Apple. Stiamo parlando di due aziende che nel bene o nel male hanno contribuito in maniera epocale allo sviluppo tecnologico degli ultimi 50 anni, con la creazione prima di quei dispositivi attraverso i quali si può giocare agli stessi videogames coinvolti, e che poi hanno ideato una piattaforma controllata (app store in modo particolare) che permette alle realtà più piccole una distribuzione e una capillarizzazione che altrimenti non potrebbero avere. Inoltre non hanno mai imposto un sistema di upfront payment (che consiste nel pagamento anticipato per poter essere inseriti e scaricati dallo store), il quale impedirebbe, a quelle applicazioni che non hanno grossi budget per iniziare, la possibilità di immettere la loro app nel sistema, ma anzi hanno sempre cercato di ottenere una revenue solo nel momento in cui questa realtà iniziava effettivamente a guadagnare.
Ora Fortnite è effettivamente in grado di camminare con le proprie gambe, ma si tratta di un caso isolato che non può fare da pioniere per tutti; e che anzi rischia di complicare ancora di più la faccenda in uno scenario politico più ampio: EPIC Games è infatti quotata in borsa da diversi anni, e ultimamente l’azienda cinese Tencent ha acquistato le quote per il 40% della società. Il punto di snodo consiste nel fatto che Tencent è anche la società sviluppatrice di WeChat, sistema di messagistica e pagamenti molto in voga in Cina e in procinto di espansione, tanto che il presidente Donald Trump ha fatto una avvertenza piuttosto intimidatoria a tutte quelle aziende che lavoreranno con WeChat per la gestione dei dati e dei pagamenti. Ora, Apple potrebbe non gradire la causa legale intrapresa nei suoi confronti e decidere di bannare anche WeChat dai propri dispositivi, rendendo quindi praticamente nullo il fatturato dell’applicazione, ma anche una grossa fetta di utilizzo dei suoi dispositivi nel mercato cinese.
Si tratta in conclusione di una vera e propria “Guerra Fredda 2.0” fatta di implicazioni tecnologiche e governative tra due potenze mondiali che giocano a Risiko ormai da decenni e che si apprestano a tirare per l’ennesima volta i dadi in modo irreversibile.